Non rileva la circostanza che le fotografie prodotte fossero state prodotte per provare la condizione del luogo del sinistro, e non la colpa della stessa danneggiata, giacché, le regole sull’onere della prova sono disposizioni di giudizio residuali rispetto al principio di acquisizione probatoria, secondo il quale le risultanze istruttorie, comunque ottenute, concorrono alla formazione del libero convincimento del giudice (non condizionato dalla loro provenienza).
NDR: in tal senso Cass. 13 aprile 2023, n. 9863.
Cassazione civile, sezione terza, ordinanza del 9.7.2024, n. 18808
…omissis…
fatti di causa
Pe.Gi. ricorre, sulla base di un unico motivo, per la cassazione della sentenza n. 1629/20, del 25 settembre 2020, della Corte d’appello di Bari, che – respingendone il gravame avverso la sentenza n. 101/17, del 19 gennaio 2017, del Tribunale di Foggia – ha rigettato la domanda risarcitoria dalla stessa proposta nei confronti del Comune di Cerignola, in relazione al sinistro occorsole il 1 luglio del 2009, allorché ella ebbe a cadere al suolo, a causa del dissesto della pavimentazione stradale in una pubblica via.
Riferisce, in punto di fatto, l’odierna ricorrente di aver adito l’autorità giudiziaria, sul presupposto che la caduta – dalla quale erano derivate, a suo carico, lesioni personali – era stata causata dalla presenza di una basola della pavimentazione non perfettamente alloggiata nella sua sede.
Costituitosi in giudizio il convenuto Comune, istruita la causa dal primo giudice attraverso l’espletamento di consulenza tecnica d’ufficio medico-legale e l’assunzione di prove testimoniali, la domanda veniva rigettata. Esito al quale il primo giudice perveniva sul rilievo che la danneggiata – alla quale era noto lo stato dei luoghi, abitando nei pressi – aveva tenuto un comportamento imprudente, tale da assurgere a causa esclusiva del sinistro e da integrare il caso fortuito.
Esperito gravame dall’attrice soccombente, il giudice d’appello lo rigettava, confermando la reiezione della domanda risarcitoria, ancorché con diversa motivazione. Esso, infatti, evidenziava che il tratto di strada interessato dal sinistro risultava lastricato di basole di rilevanti dimensioni, tutte sconnesse, ma che il sinistro era avvenuto in condizioni di piena visibilità, sicché la danneggiata avrebbe dovuto avvedersi con facilità dello stato dei luoghi e dell’evitabilità dell’insidia, assumendo una particolare cautela; la stessa, invece, aveva dichiarato di essere scesa dal marciapiedi perché impegnato in quel momento da molte persone e di aver scientemente camminato sul basolato.
Avverso la sentenza della Corte barese ha proposto ricorso per cassazione la Pe., sulla base – come detto – di un unico motivo.
Esso denuncia – ex art. 360, comma 1, n. 3), cod. proc. civ. – violazione degli artt. 2051 e 1227 cod. civ.
In particolare, la ricorrente lamenta che la sentenza impugnata avrebbe fatto “mal governo della legge applicabile alla fattispecie”, e ciò “avendo ritenuto raggiunta la prova del caso fortuito, nell’assoluta assenza di una indagine circa l’imprevedibilità e imprevenibilità dell’evento”. La Corte territoriale, dunque, ha “mostrato di aderire ad una nozione di caso fortuito che si identifica con l’accertamento della condotta colposa del danneggiato, senza tener conto della necessità di verificare se detta condotta presentasse anche i requisiti della non prevedibilità e non prevenibilità da parte del custode”. Per contro, essa avrebbe dovuto considerare che era “onere del Comune di Cerignola, per esimersi dalla presunzione di responsabilità ex art. 2051 cod. civ., provare il caso fortuito”, da intendersi, “per millenaria tradizione giuridica”, quale “evento del tutto imprevedibile, eccezionale ed inevitabile: tale da interrompere il nesso di causalità tra la cosa custodita e l’evento lesivo” (sono richiamate Cass. Sez. 3, ord. 31 ottobre 2017, n. 25837 e Cass. Sez. 3, sent. 20 novembre 2020, n. 26524).
Si duole, inoltre, la ricorrente del fatto che la Corte abbia utilizzato “il materiale fotografico agli atti per imprimere spessore alla colpa della ricorrente, nonostante quel materiale sia stato offerto per porre in evidenza la zona teatro del sinistro, ed il particolare della basola disancorata dal suolo, in breve: foto scattate con l’intenzione di mettere in risalto il particolare del dissesto, quest’ultimo causa del sinistro”. Del pari, lamenta la Pe. che il riferimento, contenuto nella sentenza impugnata, alla nozione di “insidia”, finisca con il ricondurre la vicenda in esame alla previsione di cui all’art. 2043 cod. civ., piuttosto che a quella della responsabilità da cose in custodia.
Ha resistito all’avversaria impugnazione, con controricorso, il Comune di Cerignola, chiedendo che la stessa sia dichiarata inammissibile o, comunque, rigettata.
La trattazione del ricorso è stata fissata ai sensi dell’art. 380 – bis.1 cod. proc. civ., inizialmente per l’adunanza camerale del 28 febbraio 2023, ma poi rinviata a nuovo ruolo – con ordinanza interlocutoria n. 10493/23 – per la necessità di esaminare tale ricorso unitamente ad altri di analogo contenuto, “tenuto conto della metodologia organizzativa già adottata in peculiari materie (come la responsabilità sanitaria, le esecuzioni civili, le assicurazioni ed ora la responsabilità da cose in custodia) dalla Terza sezione civile”.
Il Collegio si è riservato il deposito nei successivi sessanta giorni.
Ragioni della decisione
Il ricorso va rigettato.
L’unico motivo, infatti, non è fondato.
Invero, deve ritenersi definitivamente superato quell’indirizzo – al quale la ricorrente si richiama (e che, per vero, aveva rappresentato una “deviazione” rispetto alle decisioni nn. 2477 – 2483, rese pubbliche in data 1 febbraio 2018, nonché al costante orientamento di questa Corte in materia) – secondo cui, “in ambito di responsabilità da cose in custodia, ex art. 2051 cod. civ., nel caso di caduta di pedone in una buca stradale non risulta predicabile la ricorrenza del caso fortuito a fronte del mero accertamento di una condotta colposa della vittima (la quale potrà invece assumere rilevanza, ai fini della riduzione o dell’esclusione del risarcimento, ai sensi dell’art. 1227, commi 1 o 2, cod. civ.), richiedendosi, per l’integrazione del fortuito, che detta condotta presenti anche caratteri di imprevedibilità ed eccezionalità tali da interrompere il nesso causale tra la cosa in custodia e il danno” (Cass. Sez. 3, sent. 20 novembre 2020, n. 26524; in senso conforme anche Cass. Sez. 3, sent. 16 febbraio 2021, n. 4035).
Per contro, sull’ormai indiscusso presupposto della natura oggettiva della responsabilità del custode e della ontologica distinzione tra caso fortuito e fatto del danneggiato o del terzo, salva l’omogeneità delle ricadute “funzionali” sul piano della responsabilità e del risarcimento (per tutte, Cass. Sez. 3, sent. 27 aprile 2023, n. 11152, e successive conformi), è stato, ancora di recente, ribadito da questa Corte che il requisito legale “della rilevanza causale del fatto del danneggiato è la colpa, intesa come oggettiva inosservanza del comportamento di normale cautela correlato alla situazione di rischio percepibile con l’ordinaria diligenza”, e ciò perché , mentre “al pari della concausa naturale, il fatto non colposo del danneggiato non incide sul risarcimento, al contrario il fatto colposo ne comporta la riduzione, secondo la gravità della colpa e l’entità delle conseguenze che ne sono derivate” (così, in motivazione, Cass. Sez. 3, ord. 23 maggio 2023, n. 14228, Rv. 667836 – 02). In particolare, la condotta del danneggiato, “nella motivata valutazione del giudice del merito, potrà dunque assumere un rilievo causale meramente concorrente (cosicché vi sarà una percentuale di danno ascrivibile al fatto del danneggiato e una percentuale ascrivibile al fatto della cosa, e dunque imputabile al custode di essa), ma anche un’efficienza causale esclusiva, ove, per il grado della colpa e il rilievo delle conseguenze, si ponga come causa assorbente del danno, sicché ne sia del tutto esclusa la derivazione dalla cosa”, fermo restando, però, che nel “formulare il giudizio di concorrenza o di esclusività causale del fatto del danneggiato, il giudice del merito deve dunque tenere conto solo del parametro oggettivo delle conseguenze e del parametro della colpa” mentre “non occorre che il contegno del danneggiato, oltre che oggettivamente colposo, nel senso appena sopra precisato, sia anche abnorme, eccezionale, imprevedibile e inevitabile” (così, nuovamente, Cass. Sez. 3, ord. n. 14228 del 2023, cit.; in senso conforme, da ultimo, tra le molte, Cass. Sez. 3, sent. 24 gennaio 2024, n. 2376, Rv. 670396-01), secondo quello che risulta essere “l’orientamento assolutamente maggioritario di questa Corte”, peraltro “ribadito e definitivamente “suggellato” anche dal suo massimo consesso” (il riferimento è Cass. Sez. Un., sent. 30 giugno 2022, n. 20943, Rv. 665084 – 01).
Nella specie, la Corte territoriale ha dato rilievo – quale fattore idoneo ad escludere il nesso causale tra “res” ed evento dannoso, consistito nella caduta al suolo – alla condotta colposa della Pe., per avere costei scientemente camminato sul basolato, in condizioni di piena visibilità, ancorché le basole fossero tutte sconnesse, così conformandosi ai principi dianzi illustrati.
Quanto, poi, alla censura relativa all’utilizzazione del materiale fotografico, essa risulta addirittura inammissibile, giacché investe l’apprezzamento del materiale probatorio, attività notoriamente riservata al giudice di merito, al quale spetta “in via esclusiva, il compito di individuare le fonti del proprio convincimento, di controllarne l’attendibilità e la concludenza e di scegliere, tra le complessive risultanze del processo, quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad essi sottesi, dando così liberamente prevalenza all’uno o all’altro dei mezzi di prova acquisiti, salvo i casi tassativamente previsti dalla legge” (cfr. da ultimo, tra le innumerevoli, Cass. Sez. 6 – 1, ord. 13 gennaio 2020, n. 331, Rv. 656802 – 01; in senso analogo pure Cass. Sez. 2, ord. 8 agosto 2019, n. 21887, Rv. 655229 – 01; Cass. Sez. 6 – 3, ord. 4 luglio 2017, n. 16467, Rv. 644812 – 01; Cass. Sez. 3, sent. 23 maggio 2014, n. 11511, Rv. 631448 – 01).
Né rileva, infine, la circostanza che le fotografie in questione fossero state prodotte per provare la condizione del luogo del sinistro, e non la colpa della stessa danneggiata, giacché, come chiarito da questa Corte “le regole sull’onere della prova sono disposizioni di giudizio residuali rispetto al principio di acquisizione probatoria”, secondo il quale “le risultanze istruttorie, comunque ottenute, concorrono alla formazione del libero convincimento del giudice (non condizionato dalla loro provenienza)” (cfr. Cass. Sez. 3, sent. 13 aprile 2023, n. 9863, Rv. 667344-01). E tale conclusione vale, a maggior ragione, ad escludere rilevanza alla finalità con la quale una delle parti abbia prodotto un elemento istruttorio, quella non potendo certo condizionarne la valutazione.
Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.
A carico della ricorrente, stante il rigetto del ricorso, sussiste l’obbligo di versare, al competente ufficio di merito, un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, se dovuto secondo un accertamento spettante all’amministrazione giudiziaria (Cass. Sez. Un., sent. 20 febbraio 2020, n. 4315, Rv. 657198 – 01), ai sensi dell’art. 13, comma 1 – quater, del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115.
Infine, per la natura della causa petendi, va di ufficio disposta l’omissione, in caso di diffusione del presente provvedimento, delle generalità e degli altri dati identificativi della ricorrente, ai sensi dell’art. 52 del D.Lgs. 30 giugno 2003, n. 196.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso, condannando Pe.Gi. a rifondere, al Comune di Cerignola, le spese del presente giudizio di legittimità, liquidate in Euro 2.400,00, più Euro 200,00 per esborsi, oltre spese forfetarie nella misura del 15% ed accessori di legge. Ai sensi dell’art. 13, comma 1 – quater, del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 11, la Corte dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente, al competente ufficio di merito, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1 – bis dello stesso art. 13, se dovuto. Dispone che, ai sensi dell’art. 52 del D.Lgs. 30 giugno 2003, n. 19, in caso di diffusione del presente provvedimento siano omessi generalità ed altri dati identificativi della ricorrente.